Gli agrumi, in passato frutti molto preziosi e ricercati, hanno giustificato la costruzione lungo la fascia costiera dell’alto Garda bresciano di manufatti architettonici unici al mondo, le limonaie, grandi serre in muratura che nei mesi invernali venivano chiuse e coperte con assi in legno, per poter permettere l’impianto in piena terra di piante di limone e, in minor quantità, di cedri e aranci che non sopportano temperature inferiori a zero gradi e quindi necessitano di protezioni nei mesi freddi.
Queste grandi serre a base rettangolare sono costruite su lunghi terrazzamenti. Le opere in muratura, realizzate in pietra a secco consistono in alti muraglioni perimetrali (spessi 40-60 cm e alti 8-10 metri) che le chiudono su tre lati e in pilastri di pietra alti fino a 10 metri, di sezione quadrata, realizzati su una maglia di 4-5 metri di lato, legati tra loro da una orditura di travi di legno. Da novembre a marzo, quando il clima più freddo poteva arrecare danni alla coltura, le limonaie venivano coperte con un tetto di assi di legno e chiuse con grandi pareti mobili di legno, ampiamente vetrate.
Attorno alle limonaie ruotava il lavoro e la perizia di molte persone, così come tutta la cultura artigiana e rurale di intere generazioni, che dal commercio di limoni, aranci e cedri traevano i benefici di una economia fino alla fine del XIX secolo fiorente, basata sull’unicità e sull’ottima qualità del prodotto. Alla metà del XIX secolo, epoca del massimo sviluppo, quasi 50 ettari erano destinati all’agrumicoltura, con circa 35.000 piante produttive e una media annuale di 15-20 milioni di limoni raccolti per l’esportazione, soprattutto verso l’est e il nord Europa. Tale coltura era diffusa soprattutto lungo la fascia costiera dei Comuni di Gargnano (con ben 24 ettari coltivati ad agrumi), Limone e Toscolano Maderno.
Fu necessario progettare tutto il territorio intorno alle limonaie: con l’impianto di filari di cipresso per riparare dal vento, proteggere dalla caduta dei massi dalle ripide pendici dei monti soprastanti ed ombreggiare le cisterne per l’acqua limitando l’evaporazione a causa dei raggi solari.
Cercando acque sorgive o sfruttando l’acqua del lago; creando una struttura viaria per consentire una comoda accessibilità a tutte le limonaie e infine realizzando infrastrutture commerciali di supporto.
La produzione di limoni sulla Riviera ebbe una flessione dopo il 1860 a causa di una serie di ragioni, quali il diffondersi di una grave malattia, la “gommosi”, la concorrenza del prodotto meridionale in seguito all’Unificazione del Regno d’Italia, la scoperta per ottenere l’acido citrico chimicamente, gli alti costi dei materiali e della mano d’opera.
La crisi dell’agrumicoltura ha evidentemente portato al graduale abbandono delle limonaie: il venir meno della complessa e continua manutenzione ha provocato il diffondersi del degrado e una conseguente riconversione a nuovi usi, non sempre agricoli, con interventi talvolta di notevole trasformazione.
Le tracce delle numerose limonaie contraddistinguono però ancora fortemente la Riviera dell’alto Garda e questa antica tradizione colturale prosegue ancor oggi, grazie al grande lavoro di alcuni appassionati e ci si augura possa aumentare, perché gli agrumi tornino ad essere i veri protagonisti del paesaggio alto gardesano e le limonaie siano sempre più valorizzate in quanto patrimonio unico al mondo.
Preme ricordare che la Riviera dell’alto Garda bresciano è compresa nel Parco alto Garda Bresciano istituito dalla Regione Lombardia nel 1989 proprio alla scopo di conservare e promuovere l’eccezionale paesaggio agricolo, culturale e naturale di questo territorio. La stessa Regione Lombardia ha riconosciuto nel 2011 come Ecomuseo la limonaia del Prà de la Fam nel Comune di Tignale, dimostrando anche l’interesse regionale per il patrimonio tangibile e intangibile legato all’agrumicoltura alto gardesana.